Il Presidente del Comitato per il Nobel per la pace risponde alla domanda (un po’ troppo lunga) sul perché il premio non è stato assegnato a Donald Trump:
Poteva limitarsi a dire, molto diplomaticamente, che per regolamento vengono esaminati solo i nomi presentati entro il 31 gennaio dell’anno in corso (quando Trump non era ancora Presidente e non aveva fermato quindici guerre tra la Nigeria e le Filippine), ma ha preferito dire, ancora più diplomaticamente, che Trump non ha coraggio e integrità.
Non posso criticare questo personaggio…
P.S.: però mi ricordo una eccezione alla regola del 31 gennaio: si chiamava Barak Obama, al quale il Nobel era stato regalato in anticipo.
P.P.S.: per me il Nobel per la pace rimane un premio di merda.
Oggi posso provare a sfruttare la propria rubrica musicale per esprimermi in un modo allegorico: da poco più di due anni sento di trovarmi all’interno del film «Cabaret» di Bob Fosse. Intendo dire: faccio una vita normale, cerco di fare qualcosa di intelligente o divertente, ma vedo che sempre più gente passa apertamente dalla parte del nazismo. Non chiama ancora la propria preferenza con il quel nome appropriato (si vergogna ancora), ma ormai lo fa per iniziativa propria, senza nemmeno avere bisogno di una guida. Vedere impazzire il mondo non è una sensazione bella, cerco di tirarmi su ipotizzando che in realtà si tratti solo di una minoranza più rumorosa rispetto al resto della società.
Ma almeno io rimango quello che sono e per ora vado avanti. Sicuramente nel futuro – spero, vicino – sarò fiero almeno per la prima delle due cose.
Nel frattempo, dedico il post musicale di oggi alla composizione per orchestra e coro «I Never Saw Another Butterfly» di Charles Davidson:
Prima o poi il mondo guarirà.
Il testo, abbastanza breve, che segnalo per questo finesettimana è un commento tecnico su alcuni aspetti degli episodi fortunati di caccia internazionale alle petroliere russe appartenenti alla cosiddetta flotta ombra.
Si tratta di un argomento che rimarrà attuale ancora per un bel po’ di tempo, indipendentemente dal fatto che, per esempio, Trump «riesca» o «non riesca» a imporre a almeno una parte del mondo il non-acquisto di qualsiasi risorse naturale russa. Lo Stato russo, infatti, continuerà a vendere e a organizzare le consegne in mezzo al mare: in cambio al petrolio che serve a qualcuno si ottengono i soldi che servono sempre.
Ieri il Parlamento europeo ha invitato – con una risoluzione, quindi in via informale – i Paesi-membri dell’UE ad abbattere le minacce aeree che violano illegalmente i loro confini. Con quella espressione abbastanza particolare si intendono prima di tutto i droni russi che volano in un modo provocatoria sopra l’Europa.
Significa che ormai non solo la Presidente, ma pure il Parlamento si è avvicinato notevolmente alla comprensione del fatto di essere in guerra, che quella guerra è contro l’Europa. Ma è stato necessario vedere appena qualcosa con i propri occhi.
Ma ora aumenta il rischio di vedere realizzarsi proprio quello che Putin voleva ottenere con l’invio dei droni: gli Stati europei nei cieli dei quali arrivano i droni russi chiederanno più fondi e più materiale bellico (difesa antiaerea) per difendersi: quei fondi che altrimenti sarebbero andati alla Ucraina che sta combattendo, da sola per tutti, sul campo. Mentre la triste realtà consiste nel fatto che non si tratta di una scelta o di un compromesso: bisogna fare entrambe le cose.
Intervenendo ieri al Parlamento europeo a Strasburgo, Ursula von der Leyen ha dichiarato che i recenti incidenti con i droni e le violazioni dello spazio aereo dell’UE dimostrano che l’Europa sta affrontando una guerra ibrida condotta dalla Russia:
It is a coherent and escalating campaign to unsettle our citizens, test our resolve, divide our Union, and weaken our support for Ukraine. And it is time to call it by its name. This is hybrid warfare.
In realtà, la guerra ibrida non consiste solo in quello: comprende anche alcuni elementi che si sono manifestati molto prima dei droni sopra l’Europa. Ma noi dobbiamo riconoscere comunque un notevole progresso: dopo quasi quattro anni di guerra in corso, è finalmente arrivata la consapevolezza della guerra ibrida! Facciamo un applauso e ricominciamo a sperare in meglio con ancora più intensità.
Ieri si è tenuta una riunione del «Formato di Mosca» per le consultazioni relative all’Afghanistan, alla quale hanno partecipato rappresentanti speciali di Afghanistan, India, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Bielorussia. Non riesco a immaginare su cosa, perché e con quali risultati possa essersi consultata una tale compagnia. Capisco perché lo faccia l’attuale governo russo (per dare l’impressione di una attività diplomatica internazionale che coinvolge anche lo Stato russo), ma il resto in realtà non ha importanza.
È interessante la dichiarazione di Sergey Lavrov fatta durante quella riunione:
Rendiamo merito a Kabul per il fatto che, in condizioni di forte pressione esterna e con un bilancio statale relativamente modesto, riesce a combattere in modo abbastanza efficace i gruppi terroristici, in primo luogo la divisione afghana del gruppo «Stato Islamico».
Comincio a pensare che «al Cremlino» abbiano finalmente assunto qualcuno responsabile della filosofia e dell’ideologia di Stato. E questo qualcuno sa (finalmente!) essere coerente nel contenuto delle sue perle originali. Le autorità russe hanno iniziato una guerra per prevenire una guerra. E i talebani combattono i gruppi terroristici, pure con successo. C’era anche qualcos’altro del genere, ma al momento non riesco a ricordarlo.
E le persone malvagie, incapaci di immaginare lo sviluppo della filosofia russa contemporanea, dicono semplicemente che è il senso dell’umorismo di Lavrov che è mutato.
L’agenzia Reuters, dopo aver esaminato un telegramma interno del Dipartimento di Stato americano del 2 ottobre di quest’anno, ha scritto che le autorità statunitensi hanno incaricato i propri diplomatici di esortare gli alleati a votare contro la risoluzione dell’ONU che chiede la revoca dell’embargo contro Cuba, utilizzando come argomento il fatto che migliaia di cubani stanno combattendo tra le fila dell’esercito della Russia nella guerra contro l’Ucraina. Tuttavia, il Dipartimento di Stato si è rifiutato di fornire a Reuters dettagli sui mercenari cubani in Ucraina.
Si può dire molto sulla qualità dei dati e sul modo in cui vengono utilizzati dall’amministrazione Trump: spesso anche in termini giustamente negativi. Ma anche senza avere accesso alle statistiche ufficiali, è facile credere alla versione secondo cui un grande numero di cubani sta combattendo a fianco della Russia: vengono da un Paese molto povero e senza prospettive, il che significa che è molto facile attirarli con la promessa di guadagni elevati (secondo i loro criteri) anche in una guerra reale in un Paese lontano e freddo. Allo stesso modo, come ricorderete, centinaia di persone provenienti dall’India, dall’Africa e da altri luoghi sono già state attirate in guerra negli ultimi anni.
Eppure: la logica è una cosa buona, ma sarebbe bello avere dati un po’ più dettagliati e verificabili. Infatti, sulla base di questi dati si dovranno formulare accuse e scrivere la storia.
Trump ha dichiarato che la proposta di Putin di continuare ad attenersi alle restrizioni previste dal trattato sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (START III), che scadrà il 5 febbraio 2026, «sembra una buona idea».
Sicuramente vi ricordate che lo START III è un accordo tra Russia e Stati Uniti sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive, firmato dai presidenti Dmitry Medvedev e Barack Obama nel 2010. L’accordo limita il numero di testate nucleari di ciascuna parte a 1550 e il numero di missili balistici intercontinentali, missili balistici su sottomarini e bombardieri pesanti a 700. Nel 2021 Putin e Biden avevano concordato di prorogare l’accordo per altri cinque anni.
Sicuramente potete immaginare anche quale schema sembra «una buona idea» a Putin: non prorogare l’accordo; proporre a Trump di rispettare l’accordo non prorogato; fare di nascosto quello che si vuole; ridere di Trump che sta rispettando da solo l’accordo non prorogato. Non sono sicuro al 100% che andrà così, ma sarebbe il comportamento tipico di Putin.
Mentre la dichiarazione «sembra una buona idea» di Trump è l’ennesima manifestazione del vecchissimo problema dell’Occidente nei rapporti con Putin: credere a quello che dice. Forse Trump è uno degli ultimi a non averlo ancora capito.
Invidio un po’ la Georgia, anche se un deepfake della Sandu ci aveva quasi azzeccato chiamandola una «colonia russa». La invidio perché quelli del Caucaso mediamente reagiscono in un modo più emotivo alle cose che succedono attorno, spero che proprio questo sia la loro salvezza:
Il duo canoro statunitense Carpenters (spesso erroneamente indicato con l’articolo «the») negli anni ’70 del XX secolo era molto popolare tra il pubblico e, allo stesso tempo, considerato portatore di uno stile musicale obsoleto dai critici (effettivamente, erano gli anni del dominio del rock). Avremmo potuto chiederci, a questo punto, a cosa servono i critici nelle forme d’arte popolari / commerciali, ma evitiamo: quasi la totalità dei loro nomi viene dimenticata dopo la chiusura della pagina con i loro articoli, mentre la musica criticata rimane con noi per decenni o secoli.
Pure la musica dei Carpenters, più di quaranta due anni dopo la fine della esistenza del gruppo (a causa della morte di Karen Carpenter, sorella e collega di Richard), a volte continua a capitarmi nelle varie fonti. Pur non essendo un grande fan del soft/pop rock e del pop, a volte trovo ascoltabile qualche loro canzone. Quindi oggi dedico a loro il post musicale del sabato.
Il motivo per il quale mi sono ricordato dei Carpenters proprio ora è la loro canzone «We’ve Only Just Begun» (dall’album «Close to You» del 1970) postata in una delle mie fonti musicali preferite.
In qualità della seconda canzone del post ho scelto una delle più famose del duo: la «(They Long to Be) Close to You» (sempre dall’album «Close to You»):
Ed ecco che vi siete un po’ aggiornati sulla storia della musica leggera dei tempi del dominio del rock…